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      Dopo questa pubblica udienza, i legati ed i deputati lombardi ebbero frequenti conferenze collo stesso imperatore e co' suoi ministri, il cancelliere, il vescovo eletto di Colonia, ed il protonotaro. Essi dovevano procurare i vantaggi ancora del re di Sicilia e dell'imperatore di Costantinopoli; ma in fatto furono gli affari della Chiesa intorno ai quali rendevasi difficile ogni accomodamento, e che finalmente furon cagione che si rompessero i trattati. Lo storico d'Alessandro III assicura che Federico chiedeva alcune prerogative che non erano state mai accordate a verun laico, nè pure a Carlo Magno, o al grande Ottone: ma le pretese del papa erano a dismisura cresciute dopo questi due imperatori, e Federico non ridomandava nè meno tutti i privilegi di cui godettero i suoi predecessori. Ad ogni modo i legati protestarono che la loro coscienza e le leggi della Chiesa s'opponevano ai chiesti privilegi. Il congresso si ruppe bruscamente, e gli alleati ritornando alle loro case guastarono le campagne de' Pavesi, de' Comaschi e dei marchesi feudatarj. L'imperatore invece fece alcune incursioni nel territorio alessandrino, ma senza intraprendere colle sole milizie italiane l'assedio d'una città, innanzi alla quale le armate tedesche avevano perduta l'antica gloria.
      Mentre ancora duravano le trattative, Federico aveva ordinata in Germania la leva d'una nuova armata, ed aveva pure invitato a prendere le armi Cristiano arcivescovo di Magonza suo vicario nella Toscana e nella Marca. Questo prelato alla testa delle truppe che lo avevano servito nell'assedio d'Ancona, investì il castello di san Casciano ove tenevano una guarnigione i Bolognesi composta di trecento cavalli, ed altrettanti fanti sotto il comando di Prendiparte, uno de' loro consoli.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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