Essi domandavano che i diritti dell'Impero sulle città fossero stabiliti in conformità di quelli ch'erano in uso ai tempi d'Enrico V, e volevano in oltre che nel caso di disparere in ordine alla loro estensione si stesse al giuramento che darebbero i consoli d'ogni città rispetto alla pratica locale. D'altra parte convenivano espressamente intorno alla prestazione del fodero reale, o diritto di approvigionamento per l'imperatore e suo seguito in occasione del suo passaggio; alla pavata o tributo per rifar le strade quando l'imperatore andava a Roma a prendere la corona imperiale, al diritto di spedizione ossia marcia dei vassalli sotto le bandiere imperiali. Domandavano in compenso, che l'imperatore riconoscesse formalmente il diritto d'essere governati dai consoli da loro scelti, che annullasse qualunque carta accordata in pregiudizio dei loro privilegi, che sanzionasse la prerogativa di mantenere ed accrescere le fortificazioni della propria città, che accordasse un'assoluta amnistia del passato, che gli autorizzasse a mantenere la confederazione lombarda, lasciando in loro arbitrio il riconfermarla con mutui giuramenti quando loro piacesse, non escluso pure il giuramento di difendersi contro l'imperatore o suoi successori, qualunque volta il monarca movesse guerra alla Chiesa, o ad alcuna delle città federate. Chiedevano ancora che l'imperatore confermasse le sentenze pronunciate dai giudici durante la guerra, che i prigionieri fossero vicendevolmente restituiti senza prezzo, e per ultimo che le possessioni feudali e regali fossero mantenute in statu quo secondo le antiche costumanze attestate dai consoli.
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