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      Difatti io non devo soggiornarvi coi miei Tedeschi, ma vi soggiornerete voi ed i vostri discendenti, ed il regno per ogni rispetto sarà piuttosto vostro che mio278.» Oltre i privilegi e le esenzioni più vantaggiose in tutti i porti, aveva loro promessa la città di Siracusa con tutte le sue dipendenze e duecento cinquanta feudi di cavaliere in val di Noto, per guarentia delle quali promesse aveva fatto spedire in loro favore un atto autenticato col suo suggello279. Tanto i Genovesi che i Pisani, allestito avendo una ragguardevole flotta in soccorso di Enrico, andarono in traccia di quella di Tancredi a Castelmare di Sicilia, poi all'isola d'Ischia per attaccarla. Ma in pari tempo l'imperatore medesimo, dopo qualche effimero avvantaggio, vide la sua armata distrutta dalle malattie; onde fu costretto di ritirarsi precipitosamente, perdendo l'imperatrice, rimasta prigioniera de' suoi nemici280. Dopo la ritirata d'Enrico le flotte repubblicane, non credendosi più sicure in quei mari, furono costrette di abbandonarli.
      Scoraggiato Enrico da queste disavventure, e forse sorpreso dalla generosità di Tancredi, che senza taglia e senza condizioni gli aveva rimandata la sposa281, non avrebbe probabilmente ricominciate così presto le ostilità: ma parve che a quest'epoca una generale sentenza di morte fosse pronunciata contro tutti i sovrani d'Italia. Il figlio primogenito di Tancredi, che il padre aveva già associato alla corona per assicurargli la successione, fu la prima vittima; e ben tosto gli tenne dietro il padre nel 1194, morto di dolore per la perdita del figlio282. Dopo tali avvenimenti, quantunque non incontrasse più ostacolo nell'occupare il regno di Sicilia, Enrico trattò le città sottomesse283 con quella severità che appena sarebbesi usata verso città conquistate colla vittoria.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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