«Noi, diss'egli, fummo compagni nella nostra fanciullezza, e lo credetti amico; ci trovammo insieme a Venezia, e passeggiavo con lui nella piazza di S. Marco, quando alcuni assassini mi si avventarono contro per pugnalarmi, e nel medesimo istante il marchese mi prese il braccio per impedire di difendermi; e se con uno sforzo violento non mi fossi da lui svincolato, sarei stato infallibilmente ucciso, come lo fu un mio soldato che stavami ai fianchi. Perciò io lo denuncio a quest'assemblea quale traditore; e chiedo a vostra maestà di permettermi ch'io provi in singolare battaglia i tradimenti orditi a me, a Salinguerra, ed al podestà di Vicenza».
Poco dopo arrivò Salinguerra seguìto da cento uomini d'arme, il quale gittandosi a' piedi dell'imperatore rinnovò contro il marchese l'accusa d'Ezzelino, e domandò egualmente la prova della battaglia singolare. Azzo rispose che aveva ne' suoi dominj molti gentiluomini più nobili di Salinguerra, che sarebbero pronti a battersi con lui, se aveva tanta sete di battaglie. Allora Ottone dichiarò a tutti tre che per le passate contese non permetterà loro di battersi.
Ottone, che ad ogni modo voleva mettere in pace questi due capi di parte, dai quali sperava d'avere più importanti servigi che da tutti gli altri signori italiani, sortì il giorno dopo a cavallo con loro, e, avendone uno alla diritta, alla sinistra l'altro (m'attengo sempre allo storico Maurisio partigiano d'Ezzelino), volse da prima il discorso in lingua francese ad Ezzelino: Sire Ycelin, saluons le marquis, diss'egli; onde Ezzelino levandosi il cappello e piegando il corpo, disse ad Azzo: Signor Marchese che Dio vi salvi; e perchè questi rispose senza scoprirsi il capo, Ottone rivoltossi a lui ugualmente: Sire marquis, saluons Ycelin, ed il marchese soggiunse, que Dieu vous sauve.
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