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      Nel lungo regno di diciott'anni Innocenzo III aveva forse ottenuto più che non isperava a favore dell'autorità ecclesiastica accresciuta con dispendio di quella degl'imperatori. Il regno di Sicilia omai le era affatto subordinato. Federico aveva un figlio della novella sua sposa, e quando partì per andare in Germania, Innocenzo pretese che questi fosse allora coronato re di Sicilia, e che a lui cedesse il padre l'amministrazione del regno sotto la protezione della santa sede, da cui avrebb'egli poi ottenuta la corona imperiale.
      La città di Roma, dopo avere tentato invano di cambiare la propria amministrazione, erasi trovata in preda a tante estorsioni sotto il governo d'un senato repubblicano, che spontaneamente si sottomise ad un senatore nominato dal pontefice. Tutte le città vicine a Roma erano state conquistate da Innocenzo, e gli si conservavano subordinate. Sembrava inoltre che ricaderebbe sotto il suo dominio la Marca d'Ancona, poichè Azzo VI d'Este che n'era stato da lui investito379, era morto poco dopo avere condotto Federico in Germania, e del 1215 era pur morto il suo maggior figliuolo Aldobrandino, nel fiore della gioventù. Il secondogenito Azzo VII, marchese d'Este, poteva a stento conservare il patrimonio de' suoi maggiori, non che pensar potesse a tener in dovere gli Anconitani che si dichiaravano indipendenti. Malgrado le intestine loro discordie, le città toscane mostravansi tutte, ad eccezione di Pisa, più affezionate al partito della Chiesa che a quello dell'Impero; e se nella Lombardia le più potenti repubbliche avevano abbracciata la causa d'Ottone, aveva la fortuna favorite in modo le più deboli attaccate alla Chiesa, che i Cremonesi avevano disfatta interamente l'armata milanese, tolto loro il carroccio, e fatti prigionieri più migliaja di soldati380.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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