Pagina (270/316)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Intanto i podestà gentiluomini cercavano d'avere ne' consiglj persone del loro ordine; quando terminate le loro funzioni tornavano in patria, vi portavano l'attitudine ai pubblici affari, talenti esercitati, ed il sentimento della loro superiorità sui borghesi e gli artigiani, che occupavano le principali cariche. Provavano allora, colle minacce e con un procedere arrogante, di ricuperare quelle prerogative ch'essi credevano usurpate al loro ordine. Per l'opposto i borghesi avevano fatta conoscenza degli affari nelle deliberazioni della piazza pubblica; erano armati; avverano combattuto per essere liberi, e non per passare sotto un diverso giogo. Protetti da un governo benefico avevano veduto prosperare il loro commercio e le loro manifatture, avevano appreso ad apprezzarsi più assai che per lo innanzi, perchè la loro fortuna era quasi affatto indipendente. Erano perciò troppo alieni dal voler rinunciare a tutti i pubblici affari, e dal permettere che i soli nobili rappresentassero lo stato nelle più singolari occasioni, ne' consigli, nelle ambascerie.
      (1221) A Milano i nobili erano spalleggiati dall'arcivescovo, il quale non poteva senza gelosia vedersi spogliato di ogni parte del governo. La contesa tra i due ordini si fece più viva l'anno 1221496. I gentiluomini furono forzati ad uscire di città, e ad afforzarsi nei loro castelli, ove furono ben tosto inseguiti dal popolo, che, dopo più o men lunghi assedj, gli obbligò ad arrendersi, e gli spianò; onde nel termine d'un anno la nobiltà fu ridotta a chiedere la pace.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





A Milano