Credevasi dai più che Ezelino avrebbe accettata la carica di podestà; ma convien dire che incominciasse a risguardarla come al di sotto delle nuove sue pretensioni. Incaricato da un consiglio, affatto ligio al suo volere, di scegliere questo magistrato, ricusò da prima, con finta modestia, di farlo a nome di tutto il popolo18; poi cedendo alle comuni istanze, indicò il conte di Teatino, napoletano, uomo a lui subordinato. Fece in appresso ordinare dalle tre repubbliche di Padova, Vicenza e Verona, che, per la sicurezza del partito ghibellino, prenderebbero al loro soldo delle truppe dell'imperatore, cioè cento Tedeschi e trecento Saraceni. In tal guisa egli s'assicurò d'una gran guardia sempre armata, e che solo dipendeva da lui.
Intanto molti Guelfi eransi chiusi nel castello di Montagnana, ch'essi avevano afforzato; i quali pretendevano di essere i legittimi rappresentanti del comune di Padova, perchè erano i soli rimasti indipendenti dal tiranno. Attaccati da Ezelino, lo respinsero gagliardamente, quantunque combattessero sotto i suoi ordini molti soldati tedeschi e saraceni: ma egli seppe giovarsi di questa resistenza per assodare il suo potere in Padova. Il podestà chiese ostaggi alle famiglie de' gentiluomini e de' cittadini che sapevansi favorevoli al partito guelfo; in appresso adunò, senza distinzione di partito, le più potenti persone della città, e quelle che potevano avere maggiore influenza sui loro concittadini, e pregò tutti a dare una prova del loro amore per la pace, e della loro sommissione all'imperatore, allontanandosi soltanto per pochi giorni dalla città; assicurandoli in pari tempo essere questa l'unica via di smentire le calunniose voci che s'andavano spargendo sul conto loro, alle quali voci per altro egli non dava alcuna fede.
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