Ma quand'anche la libertà, e non una licenziosa indipendenza, fosse effettivamente l'oggetto dei Pugliesi e dei Siciliani ribellati, furono certo indegni di così nobil causa i modi tenuti per acquistarla; riducendosi a vili cospirazioni, nelle quali presero parte gli antichi amici ed i confidenti di Federico, da loro guadagnati. I due figliuoli del grande giustiziere del Mora, tutti i Sanseverino, tre fratelli della Fasanella, ed altri molti avevano nel 1244 cospirato coi frati minori per assassinare il loro sovrano. Federico, come si disse altrove, aveva, dietro i primi indizj di tale congiura, fatti imprigionare molti frati, nell'istante medesimo in cui il papa fuggì da Roma. Ciò nulla meno la sentenza del Sinodo e l'esortazione dei cardinali legati riaccesero la sopita congiura, che avrebbe facilmente avuto effetto, se il complice Giovanni di Presenzano, scosso dai rimorsi, non palesava il segreto a Federico. Quando seppero imprigionati alcuni de' loro compagni, i del Mora ed i Fasanella si salvarono nello stato del papa, altri s'impadronirono delle rocche di Capaccio e della Scala, ove furono presi dopo lungo assedio. Un solo fanciullo della casa Sanseverino fu salvato da un domestico della famiglia67. Quasi tutti i congiurati, condannati a pena capitale, attestarono prima di morire, che il papa era partecipe della loro congiura. L'imperatore dando notizia di questo macchinamento a tutti i re e principi dell'Europa con una lettera circolare, che forse fu l'ultima che scrivesse Pietro delle Vigne, la chiude con queste gravi parole: «Chiamiamo in testimonio il giudice supremo, che ci vergogniamo di quanto abbiam detto, perchè eravamo troppo alieni dal credere di dover vedere e sentire attestato somigliante delitto; non essendoci mai immaginati che i nostri amici, i nostri pontefici, ci volessero vittima di così cruda morte.
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