Lungi da noi per sempre tanto obbrobrio! Lo sa Iddio, che dopo l'iniqua procedura del papa contro di noi intentata nel concilio di Lione, non abbiamo mai voluto acconsentire alla sua morte od a quella di taluno de' suoi fratelli, quantunque caldamente richiesti da persone zelanti del nostro servigio, limitandoci a difenderci dagli altrui attentati colla giustizia, e non colle vendette»68.
Ma la più dolorosa perdita di Federico fu quella del suo primo ministro, del suo intimo confidente, del suo amico, Pietro delle Vigne. Ossia che quest'uomo affatto straordinario si fosse macchiato di un tradimento, o che il principe, reso diffidente dalle congiure che ogni giorno si andavano scoprendo, desse troppo facile orecchio alle suggestioni degl'invidiosi cortigiani; o giusta o ingiusta che si fosse la sentenza di Pietro; si dice che Federico esclamasse più volte prima di pronunciarla: «me sciagurato, qual uomo io gastigo!»69
Pietro delle Vigne era nato a Capoa affatto povero; la passione per lo studio lo aveva condotto all'università di Bologna, ov'era costretto di andare elemosinando per vivere, sebbene desse prove di maravigliosi talenti nello studio della legge, dell'eloquenza e della poesia. Condotto accidentalmente innanzi a Federico, ebbe la fortuna di meritarsi in modo la sua stima, che lo tenne in corte, facendolo a bella prima suo segretario; in appresso giudice, consigliere, protonotaro, e partecipe di tutti i suoi segreti. Pietro delle Vigne aveva una maravigliosa arte nello scriver lettere; aggiungendo ad una nobile e dignitosa eloquenza una certa qual forza di ragionamento che convince e persuade.
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