Altri fuorusciti parmigiani avevano pure raggiunti i primi a Piacenza, aspettando che le prediche di alcuni frati lasciati in Parma disponessero quel popolo alla sedizione. Quando credettero giunto l'istante favorevole, la domenica del 16 giugno 1247, tutti gli emigrati parmigiani s'avanzarono sotto il comando di Gherardo da Correggio fino al Taro, ove trovarono sull'opposta riva Enrico Testa, podestà imperiale, con un grosso corpo di nobili e popolani di Parma; il quale credendosi sicuro della vittoria attraversò il Taro per attaccarli: ma, durante la battaglia, tutti quelli della sua armata, che segretamente favorivano i Guelfi, si unirono ai nemici. Quest'impensato avvenimento portò lo spavento nelle truppe, che non sostennero l'urto de' Guelfi, restando tra i morti lo stesso podestà, Manfredi di Cornazano, ed Ugo Manghirotti, due de' più illustri Ghibellini, salvandosi gli altri colla fuga. Intanto la massa del popolo, perduti i capi, manifestava con segni di acclamazione il suo attaccamento alla Chiesa, e conduceva in trionfo gli emigrati entro le mura di Parma. Gherardo da Correggio venne sulla pubblica piazza proclamato podestà, e dati il palazzo, le mura e le torri in guardia ai suoi soldati.
Enzo, ossia Enrico, figliuolo di Federico, e re di Sardegna, trovavasi allora nel contado di Brescia all'assedio di Quinzano. Avuto avviso della rivoluzione di Parma, abbrucia le macchine guerresche, e viene a grandi giornate fino alle rive del Taro, lusingandosi di sottomettere i ribelli con un colpo di mano.
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