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      Poi ch'ebbe posto l'illustre suo prigioniero in luogo di sicurezza, il pretore accordò più settimane di riposo alle truppe; e solo ne' primi giorni di settembre le condusse nuovamente nel territorio di Modena, mentre i Parmigiani avevano convenuto di attaccare, dal canto loro, la città di Reggio, onde queste due città ghibelline non potessero ajutarsi a vicenda. La repubblica di Modena era di lunga mano più debole della bolognese; e la sconfitta d'Enzio, e la lontananza di Federico scoraggiato da tante sventure, facevano apertamente sentire ai Modenesi che non potevano trovare salvezza che nel proprio coraggio. Si chiusero perciò entro le proprie mura, mostrandosi lungo tempo insensibili ai guasti del loro territorio, ed agl'insulti de' Guelfi accampati presso i loro baluardi, finchè i Bolognesi li forzarono ad uscire dalle porte con un'ingiuria creduta in allora tanto grave, che tutti gli storici contemporanei la trovarono meritevole di particolare ricordanza. Essi gettarono con una catapulta entro la città il cadavere d'un asino cui avevano posti dei ferri d'argento, il quale andò a cadere appunto in mezzo alla vasca della più bella fontana della città. Dopo tanta ingiuria i Modenesi si credettero dal loro onore costretti ad uscire contro ai nemici: resi dalla collera più valorosi, ruppero le file degli assedianti, e giunti alla macchina fatale con cui erano stati insultati, la fecero in pezzi e tornarono trionfanti in città.
      Dopo tal fatto che poneva in sicuro il loro onore, si mostrarono meno difficili ad ascoltare le oneste condizioni di pace che proponevano loro i Bolognesi.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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