Del 1228 aveva Ezelino fatto prigioniere Guglielmo nipote di Tisone di Campo san Piero, in allora fanciullo di pochi anni, e lo aveva fatto educare nella propria corte. Era costui suo nipote; e morti essendo Tisone e Giacomo di Campo san Piero, pareva che la nimicizia di Ezelino contro questi due signori dovesse essersi spenta, ed aver ripreso il debito vigore, i legami del sangue. Accadde tutt'all'opposto, che Ezelino, l'anno 1240, fece sostenere il giovanetto Guglielmo sotto pretesto di averlo come ostaggio: onde quattro dei signori suoi più vicini parenti presentaronsi ad Ezelino come mallevadori di Guglielmo. Vinto dalle loro preghiere lo rilasciò; ma Guglielmo, troppo giovane per riflettere in mezzo al turbamento ed al terrore, ch'egli comprometteva i suoi generosi amici, fuggì al suo castello di Treviglio che fortificò in modo da non dover paventare un colpo di mano del tiranno. Ezelino fece allora imprigionare i quattro signori di Vado, che furono custoditi nella fortezza di Cornuda, di cui dopo pochi anni fece murare le porte. Per interi giorni udironsi questi sciagurati che con lamentevoli grida domandavano pane; e quando furono, dopo morti, aperte le prigioni, si trovò che le loro ossa erano coperte soltanto da una pelle nera e diseccata.
Nondimeno Guglielmo da Campo san Piero, dopo essersi conservato indipendente sei anni, atterrito dai progressi grandissimi che faceva Ezelino, tentò di riconciliarsi seco lui; gli consegnò le sue fortezze, e venne a mettersi tra le sue mani dichiarando di volergli essere amico, siccome nipote.
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