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      Pure i Manlianesi limitaronsi a chiudere le porte della fortezza appartenente al borgo, senza fare altre novità.
      Di là il principe giunse colla sua gente al castello d'Atripalda ove i signori Capece avevano le loro donne; le quali137 si tennero assai onorate d'aver per loro commensale il figlio d'un imperatore: «ed il principe, osserva Nicola di Jamsilla, poteva farlo senza compromettersi, perciocchè tale è la prerogativa delle donne, che possono loro tributarsi senza viltà i più grandi onori, che non sarebbe permesso di rendere agli uomini più potenti.» È questa la prima volta che troviamo negli storici contemporanei le massime cavalleresche della galanteria, che forse ebbe principio molto prima ne' paesi settentrionali.
      D'Atripalda recavasi Manfredi a Guardia de' Lombardi, Bisaccia e Bimio, terre di sua ragione, ma i suoi vassalli lo prevennero che non potrebbe dimorarvi a lungo senza pericolo, essendosi le città vicine arrese al papa. Melfi gli chiuse le porte; Ascoli, sentendo che s'avvicinava, si rivoltò, massacrando il governatore che sapevano attaccato al principe, Venosa lo accolse con rispetto; ma i cittadini non tardarono a fargli sapere ch'erano minacciati d'assedio, se non prendevano parte alla lega guelfa e ch'erano troppo deboli per difendersi.
      Intanto Giovanni Mauro era partito da Luceria per recarsi alla corte del papa, lasciando in quella città suo luogotenente Marchisio con mille soldati Saraceni, e trecento Tedeschi, ordinandogli di tenere sempre chiuse le porte della città. Per andare da Venosa a Luceria, doveva il principe passare tra Ascoli e Foggia, città non solo nemiche, ma dove erano di già arrivati alcuni distaccamenti di truppe pontificie per fermarlo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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