L'universale odio del popolo confondeva i Tedeschi cogli Arabi; sembrando agli Italiani gli uni e gli altri soldati stranieri e mezzo barbari, armati a favore d'una autorità oppressiva; onde sì gli uni che gli altri, dopo la morte di Corrado, erano stati cacciati dalle città dov'erano acquartierati e riuniti insieme dalla persecuzione. Manfredi trovò tra i Saraceni di Luceria molti soldati tedeschi; altri molti ne riunì in pochi giorni; ed in breve tempo, colle genti di queste due nazioni mise in piedi un'armata così forte da tener testa al papa, e da far pentire il marchese d'Oenburgo del suo vile abbandono.
Erasi costui avanzato con un'armata guelfa fino a Foggia, colà preceduto da suo fratello Oddo. Da un'altra banda erasi innoltrato fino a Troja il legato Guglielmo, cardinale di san Eustachio, e nipote del papa, con un'armata ancor più poderosa di quella del marchese. Ebbero colà avviso che quel principe, che fino allora avevano risguardato come un fuggiasco, ordinava a queste ed a tutte le altre città di pagare i consueti tributi. La potenza del principe aveva fatto rinascere il rispetto nel cuore del marchese, onde gli spedì un regalo di abiti, di cui Manfredi aveva urgente bisogno, essendo egli arrivato a Luceria vestito soltanto delle proprie armi. Bertoldo cercò in pari tempo di entrare in negoziati col principe; ed a tal fine andò presso al legato a Troja. Ma mentre Manfredi mostrava di occuparsi di queste insidiose negoziazioni, teneva gli occhi addosso al marchese Oddo ch'era rimasto a Foggia; il quale, avendo osato di fare una scorreria nel territorio di Luceria, fu dal principe impetuosamente attaccato e rotto in modo, che dovette fuggire fino a Canosa.
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