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      Il senatore ed il popolo romano ordinavano pure al popolo d'Assisi di non permettere che soggiornasse più oltre in quella città un pontefice che s'intitolava dalla sede di Roma, non da Lione, da Perugia o d'Anagni (luoghi ove il papa aveva lungamente dimorato). Esigevano che la città d'Assisi lo rimandasse, altrimenti avrebbe veduto il suo territorio messo a soqquadro. Conobbe allora Innocenzo che, se non tornava a Roma, Assisi sarebbe distrutta dagl'irritati Romani, come era accaduto ad Ostia, Porto, Tusculano, Alba, Sabina ed ultimamente anche a Tivoli. Rientrò dunque in Roma più forzatamente che di propria volontà, e non senza timore di qualche sinistro. Ad ogni modo, dietro gli ordini del senatore, vi fu onorevolmente ricevuto143.»
      La tornata d'Innocenzo a Roma fu anteriore alla sua spedizione contro Manfredi ed il regno di Napoli: e poco dopo, la morte del pontefice lasciò Brancaleone assoluto padrone di Roma, la di cui amministrazione fu sempre egualmente severa e vigorosa. I Romani mostraronsi alcun tempo soddisfatti nel vedere i più principali gentiluomini, allorchè turbavano l'ordine pubblico, trattati con tutto il rigore della giustizia; ma a lungo andare quest'estrema severità si rese loro odiosa non meno dell'anarchia. Scoppiò una sedizione contro Brancaleone, eccitata dall'illustre famiglia degli Annibaldeschi, nella quale il senatore fu portato via dal Campidoglio e posto in prigione. Coloro che avevano alcun titolo di lagnanze contro di lui, furono invitati a produrle; ed era facile il prevedere che il processo intentato contro di lui innanzi al suo successore Emmanuele de' Maggi di Brescia sarebbe terminato con una condanna capitale.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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