Avendo Alessandro IV ereditata forse tutta l'ambizione, e niuno de' talenti del suo predecessore, non voleva rinunciare ai progetti d'ingrandimento in parte già eseguiti da Innocenzo; ma volendo dargli intera esecuzione, li mandava a male per mancanza di politica, e più di tutto per la cattiva scelta de' suoi mandatarj. L'arcivescovo di Ravenna che aveva fatto capo della crociata contro Ezelino, era stato cagione di tutti i disastri sofferti dai Guelfi, i quali non ripresero coraggio che quando, fatto prigioniere, vennero diretti da più esperti condottieri. Nè dai legati apostolici era stata meno inconsideratamente trattata la guerra nelle due Sicilie. Uno di costoro, il cardinale Ottaviano degli Ubaldini, incaricato di difendere contro Manfredi la Puglia e la Terra di Lavoro, lasciò così strettamente chiudere la sua armata in Foggia, che per sottrarla alla fame ed alle malattie che la consumavano, fu costretto di fare a nome del papa un trattato col principe, con cui gli dava il possesso di tutto il regno, tranne Terra di Lavoro che sola restava alla santa sede. Il papa rifiutò di approvare il trattato, e perdette anche Terra di Lavoro occupata in pochi giorni dalla vittoriosa armata di Manfredi. Un altro legato pontificio, frate Rufino dell'ordine de' Minori, che governava la Sicilia e la Calabria, si lasciò sorprendere dagli abitanti di Palermo, che, postolo in prigione, inalberarono le insegne di Manfredi187. Il terzo fu, a dir vero, per alcun tempo più felice degli altri: era questi Pietro Ruffo, uno degli antenati senza dubbio di quel cardinal Ruffo, che a' nostri giorni diresse la sommossa del regno di Napoli.
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