Io non ho apparato l'arte oratoria, nè gli ornamenti del parlare, come coloro che hanno detto innanzi a me; ma secondo il volgare proverbio, io parlo come io so, ed apertamente dico quello che io ho nell'animo. E pertanto io affermo che non solamente la città mia, ma ancora me ed i miei cittadini riputerei troppo miseri ed abbietti, se a voi stesse il disfare, o non disfare la nostra patria. E certamente voi non lo potete fare, e non è posto in vostro arbitrio, perciò che noi con ragioni uguali siamo venuti nella vostra lega e nella vostra confederazione, non per disfare le città ma per conservarle. Le vostre sentenze non so dunque se sono da essere riputate, o più vane o più crudeli, ma e' si può dire e l'uno e l'altro: conciossiacosachè confortino prima quello che non è posto in vostro arbitrio, appresso non dimostrano altro che una somma crudeltà, ed uno acerbissimo odio verso i vostri collegati. E pareva cosa più tollerabile, essendo tutti convocati per la salute comune, por da parte gli odj, e le inimicizie antiche, e non cercare sotto questo colore la destruzion d'altri. Ma egli interviene che chi consiglia con odio, sempre consiglia male, e chi desidera di nuocere al compagno non cerca l'utilità comune. Io vorrei domandare, voi, chi è quello che avete in odio? S'egli è la terra di Firenze, vorrei sapere che hanno fatte le case e le mura? Se sono gli uomini, vorrei sapere se sono gli usciti, o noi che vi siamo dentro? Se siamo noi certamente questo errore è nostro, che ci siamo intesi coi nemici, stimando che fossero amici e collegati.
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Firenze
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