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      Questo prodigioso vantaggio che i nobili avevano acquistato sul popolo nelle battaglie, doveva accrescerne l'odio e la gelosia. Ma i gentiluomini non potevano nelle città conservare la loro superiorità, come in campagna, perchè quando vi scoppiava una rivoluzione gli steccati, o serragli, chiudendo tutte le strade, impedivano che i cavalli passassero, mentre le milizie assediavano le case de' nemici, o afforzavano le proprie. I gentiluomini erano dunque cacciati facilmente dalle città; ma giunti in campagna, riprendevano la perduta superiorità, ed il popolo non ardiva d'inseguirli.
      Poichè i cittadini cessarono d'essere tutti soldati o almeno soldati utili, le città dovettero assoldare degli uomini d'arme per non restare in balía de' loro gentiluomini, e per tal modo la loro difesa fu affidata a mercenarie braccia. Troviamo i primi esempi di cavalleria assoldata dalle città nella guerra contro Ezelino, verso la metà del tredicesimo secolo, e l'uso si rese ben tosto generale in tutta l'Italia. Per non essere vittima del primo inventore, i popoli sono forzati di adottare all'istante i nuovi mezzi di attacco e di difesa, di cui un solo fa utile uso.
      Siccome gli uomini d'armi riconoscevano dalla loro educazione la forza necessaria per combattere sotto il peso dell'armatura, i soli gentiluomini fecero lungo tempo la guerra a cavallo, e solamente fra loro si potevano trovare uomini d'armi. Vedremo in appresso, che i grossi stipendj che si offrivano ai cavalieri, furono cagione che molti uomini d'ogni classe si dedicassero fino dalla fanciullezza a questo mestiere; e che questi nuovi mercenarj, capitanati da gente, com'essi, senz'onore e senza patria, formarono quelle bande di condottieri che nel susseguente secolo ebbero tanta parte nelle rivoluzioni delle repubbliche italiane.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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