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      Il papa aveva da principio proposto, che Carlo d'Angiò promettesse di rimettere alla Chiesa Napoli, tutta la Terra di Lavoro e le adiacenti isole, inoltre la valle di Gaudo. Carlo vi si rifiutava apertamente, e quest'inutile negoziato fece perdere al papa un anno260. Finalmente, per mezzo dell'arcivescovo di Cosenza, Urbano offrì al principe francese l'investitura de' due regni della Sicilia e della Puglia, quali erano stati posseduti dai re Normanni e Svevi, tranne soltanto la città di Benevento col suo territorio, ed un annuo tributo di dieci mila once d'oro.
      (1264) Poichè furono accettate tali condizioni, il papa spedì in Francia Simone, cardinale di santa Cecilia, per affrettarne l'esecuzione. Gli consegnò le più pressanti lettere dirette a san Luigi, nelle quali accusava Manfredi d'avere raddoppiate le vessazioni contro la santa sede dopo avere avuto avviso delle negoziazioni intraprese per ispogliarlo de' suoi stati, e gli rappresentava coi più vivi colori i pericoli ai quali questo principe esponeva la religione, se la Francia non prendeva le difese della santa Chiesa261.
      Quando Carlo d'Angiò scese in Italia, aveva quarantasei anni: come figlio di Francia aveva per suo appannaggio la contea d'Angiò, e per conto della moglie era sovrano della Provenza. Questa era la quarta figliuola di Raimondo Berengario, ultimo conte di Provenza. Le maggiori sorelle avevano sposato i re di Francia, d'Inghilterra e di Germania262, onde Berengario, dopo averle così riccamente maritate, lasciava l'ultima erede de' suoi stati, affinchè suo marito rinnovasse la casa de' Conti di Provenza263. Allora era questo il maggior feudo della corona di Francia; e Carlo d'Angiò, dopo i re, era fuor di dubbio il più ricco e potente principe d'Europa.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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