Forse il conte Guido sperava di allearsi colla nuova aristocrazia; ma la prima cura di coloro ch'egli aveva chiamati a parte del governo, fu quella di abbatterlo.
Le grazie accordate dalla paura non ottengono giammai riconoscenza, perchè infatti non la meritano. I savj scelti tra la plebe si risguardarono come difensori, e non come creature di Guido, che gli aveva nominati. Ricusarono di sanzionare colla loro approvazione le nuove imposte che Guido aveva bisogno di stabilire per pagare la sua cavalleria, composta di seicento Tedeschi e di novecento ausiliarj venuti da Pisa, Siena, Arezzo, Volterra, Colle. Volle perciò disfarsi de' savj, facendo nascere una sedizione contro di loro. I Ghibellini si avanzarono per attaccarli nella sala in cui rendevano ragione, ma i trentasei si sottrassero, e vedendo che il popolo prendeva le armi per difenderli, si unirono a lui sulla piazza innanzi al ponte santa Trinità. Colà il popolo circondossi di steccati e stette fermo aspettando l'urto della cavalleria. Questa non tardò a comparire, ma non potè forzare le barricate, e nelle anguste strade che sboccavano sulla piazza santa Trinità la cavalleria trovavasi esposta alle pietre che si gittavano dalle finestre, e il conte Guido dovette farla ritirare.
Questa sola scaramuccia decise dei destini di Firenze; imperciocchè il conte sgomentatosi quando vide che da tutte le parti il popolo era in movimento contro di lui, e che da tutte le case lanciavano pietre, credette che i primi vantaggi che otterrebbe il popolo lo farebbero più audace, e non pensò più a conservare la sua posizione, ma soltanto a ritirarsi con onore.
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