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      In fatti i Tedeschi trovando sul campo di battaglia il corpo d'Enrico di Cosenza cogli ornamenti reali, lo supposero lo stesso Carlo, onde parendo loro d'avere ottenuta intera vittoria, e di non avere più nulla a temere, si sparsero per la campagna per saccheggiare il campo nemico.
      Quando Alardo di San Valerì vide compiutamente rotti gli ordini di battaglia delle truppe di Corradino, e che dispersi nell'inseguire i fuggiaschi, erano divisi in piccole bande, e non più in istato di sostenere l'urto della sua cavaleria, voltosi a Carlo, gli disse: «Fate adesso suonare la carica, che giunto è l'istante opportuno.» Infatti questi ottocento scelti e freschi cavalieri spingendosi in mezzo ad un'armata di cinque mila uomini oppressi dalla fatica, e talmente dispersi, che in verun luogo trovavansi duecento cavalieri riuniti e disposti a fare resistenza, ne fecero uno spaventoso massacro. Carlo era sì poco aspettato, che quando la sua truppa entrò di galoppo nel campo di battaglia, si credette da coloro che l'occupavano, che fosse un corpo dell'armata di Corradino che aveva inseguiti i nemici, e non si posero in sulle difese per fargli fronte. I Francesi, vedendo rialzata l'insegna del loro re, accorrevano ad ordinarsi intorno alla medesima, e per tal modo la gente di Carlo andava ingrossando, mentre scemava quella di Corradino320. I baroni che gli stavano appresso non vedendo alcun mezzo di restaurare la battaglia, lo consigliarono a mettersi in salvo co' suoi soldati, onde misurarsi un'altra volta, e non rimanere morto o prigioniere.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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