» Poi volgendo lo sguardo alla folla che lo circondava, vide le lagrime ed udì i singulti del suo popolo: allora, levatosi il suo guanto, gettò in mezzo a' suoi sudditi questo pegno di vendetta, e sottopose il capo all'esecutore323.
Dopo di lui perdettero la testa sopra lo stesso palco il duca d'Austria, i conti Gualferano, Bartolomeo Lancia, ed i conti Gherardo e Galvano Donoratico di Pisa. Per un raffinamento di crudeltà volle Carlo che il primo, figliuolo del secondo, precedesse suo padre e morisse tra le sue braccia. I cadaveri, giusta gli ordini del re, furono esclusi da ogni luogo sacro, e sepolti senza veruna pompa sulla riva del mare. Peraltro Carlo II fece in appresso fabbricare nello stesso luogo una chiesa di carmelitani, quasi volesse calmare quelle ombre sdegnate.
Enrico di Castiglia, senatore di Roma, venne risparmiato, sia perchè cugino del re, sia per rispetto alle istanze fatte dall'abate di Monte Cassino che l'aveva consegnato. Ma si dovevano ancora versare torrenti di sangue. I Ghibellini di Sicilia scoraggiati dalla disfatta di Corradino, furono vinti, e caddero tutti gli uni dopo gli altri in mano de' Francesi, che li condannarono a morte. Tale fu la sorte de' fratelli Marino e Giacomo Capece, e di Corrado d'Antiochia, figlio di Federico d'Antiochia, bastardo di Federico II: il quale i carnefici, dopo avergli cavati gli occhi, appiccarono324: questi ad eccezione dello sventurato Enzo che ancora viveva nelle prigioni di Bologna, ove morì quattr'anni più tardi, era l'ultimo de' discendenti illegittimi della casa di Svevia, come Corradino n'era l'ultimo de' principi.
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