Il papa spedì un legato a Pisa per riconciliare quella città colla santa sede, benedirla e levare le censure ecclesiastiche347. In seguito Gregorio fece adunare tutto il popolo di Firenze lungo la riva dell'Arno, chiamò presso di sè i commissari de' Guelfi e de' Ghibellini, e conchiuse tra loro un trattato di pace in presenza dei due sovrani che l'accompagnavano. Ordinò che i Ghibellini tornassero alle loro case, e che ricuperassero tutti i loro beni e privilegi tanto a Firenze che a Siena; volle ostaggi da una parte e dall'altra pel mantenimento della pace che si pubblicava, e pronunciò sentenza di scomunica contro il primo che ne violerebbe le condizioni.
Carlo d'Angiò risguardava questa pace come assolutamente contraria ai suoi interessi, perchè faceva abbastanza forti i suoi amici onde non avere più bisogno de' suoi soccorsi, e sottraeva i nemici al rigore della sua vendetta. Per rompere questa pace, che gli era dannosa, non credette di valersi di coperte trame e d'impenetrabili artificj; fece sottomano sapere ai Ghibellini, che entravano in Firenze, d'aver dato ordine al suo maresciallo di ucciderli tutti nella vegnente notte, se non si affrettavano di ritirarsi. Il carattere di Carlo era abbastanza conosciuto perchè si prestasse intera fede a tali minacce; onde tutti i Ghibellini uscirono di città, prevenendo il papa dell'avviso ricevuto. Questi più di loro adirato e contro Carlo e contro i Guelfi fiorentini, si ritirò dopo quattro giorni in Mugello presso il cardinale Ubaldini, rimanendovi il restante della state, e pubblicò l'interdetto contro Firenze per avere mancato alla pace che aveva giurata348.
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