Carlo non poteva scegliere un uomo che gli fosse più attaccato, che più ciecamente favoreggiasse i suoi progetti, o più bassamente servisse alle sue passioni in onta delle leggi della chiesa e dell'interesse della Cristianità.
Al re di Sicilia non poteva riuscire utile il riconciliamento delle due fazioni in Italia: per lo contrario la sua ambizione non potev'essere soddisfatta che dal trionfo de' Guelfi e dalla ruina de' Ghibellini. Il nuovo papa, che fecesi chiamare Martino IV, spogliò del comando della Romagna il conte Bertoldo Orsino, e diede questo contado ad un ufficiale di Carlo, detto Giovanni d'Appia, cui ordinò di attaccare i Ghibellini ed i Lambertazzi cacciati nuovamente da Bologna; di perseguitare Guido di Monte Feltro loro generale, e d'assediare Forlì ove tutti eransi ritirati380. Ivano questi, già traditi a Faenza da Tibaldello Zambrasi, che approfittò del sonno de' suoi ospiti per darli colla sua patria in mano de' Guelfi381, spedirono ambasciatori al papa per rappresentargli ch'erano esiliati e proscritti in ogni luogo. Proponevano di ritirarsi ancora da Forlì, purchè il papa loro assegnasse un luogo in cui potessero vivere. Martino non si degnò di rispondere, ed invece li colpì con nuove scomuniche, ordinando in tutta la cristianità il sequestro dei beni degli abitanti di Forlì a profitto della santa sede.
Martino erasi fatto nominare senatore di Roma; ma invece di conservare per sè una dignità conferitagli dal popolo, la trasmise subito al re Carlo, in onta alle costituzioni di Nicolò III, che escludevano i re ed i principi potenti dalla dignità senatoriale.
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