Ma l'insaziabile sua avidità, la sua ambizione, la sua crudeltà avevano finalmente stancata la fortuna e la pazienza de' suoi sudditi. Un privato nemico, uomo d'un carattere generoso e profondo, un uomo animato dalla gratitudine e dall'amore verso i suoi antichi sovrani, dal desiderio di vendicarli; dall'odio della tirannide; un uomo solo colle sue forze individuali intraprese ad abbattere l'usurpatore che opprimeva il suo paese, e riuscì a preparare e condurre a termine questa grande vendetta nazionale.
Giovanni di Procida, nobile salernitano, era padrone di quell'isola di Procida, posta nel golfo di Napoli, che viene oggi visitata dal curioso forestiere per vedervi conservate le costumanze e l'abito de' Greci. Era inoltre signore di Tramonte, Cajano e Pistilione386. I suoi natali non gli avevano però impedito di studiare la medicina, che allora veniva coltivata dai principali signori. Era egli stato il medico e ad un tempo il confidente e l'amico di Federico II e di Manfredi387, ed aveva prese le armi per Corradino, quando questo giovane principe era entrato nel regno. Dopo la vittoria di Carlo, tutti i suoi beni essendo stati confiscati, erasi egli ritirato presso Costanza, figliuola di Manfredi, e regina d'Arragona, ultima erede della famiglia di Svevia, la quale avealo accolto come un suddito fedele ed uno zelante amico. Il re Pietro d'Arragona, per indennizzarlo di quanto aveva perduto, lo nominò barone del regno di Valenza, signore di Luzzo, Benizzano e Palma388.
Ma nè feudi, nè ricchezze potevano fare scordare a Procida la tragica morte di Manfredi e di Corradino, la sventura della sua patria e l'oppressione de' suoi concittadini.
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