Comprese che la vicinanza della corte, i frequenti passaggi delle armate, l'occhio vigilante del padrone che scorreva frequentemente queste province, vi comprimerebbero la ribellione nel suo nascere.
Diverso affatto era lo stato della Sicilia, la quale siccome si era tutta intera dichiarata a favore di Corradino, così i Francesi avevano voluto punire tutta intera. I baroni erano stati spogliati ed oppressi, ma i Francesi non aveano potuto nè tutti imprigionarli, nè tutti scacciarli dall'isola; ed agli antichi oltraggi se ne aggiungevano ogni giorno di nuovi, che per altro non li privavano affatto dei mezzi di vendicarsi. I Francesi abitavano le città e le coste, ma appena osavano di penetrare alcuna volta tra le montagne dell'interno dell'isola, ove tanto i signori che i contadini avevano conservata tutta la loro indipendenza. Tre grandi ufficiali di Carlo governavano l'isola. Eriberto d'Orleans, vicario reale; Giovanni di san Remi, giustiziere di Palermo; e Tomaso de Busant, giustiziere di Val di Noto391. La venale loro parzialità, l'avarizia, la crudeltà li facevano degni successori di Guglielmo detto lo Stendardo, il carnefice de' Siciliani392. Anche la pubblicazione della crociata contro i Greci irritava maggiormente questi popoli. «Di già, dice Neocastro, avea Carlo spiegate contro i nostri amici della Grecia la croce dell'assassinio, imperciocchè suole appunto sotto questa sacra bandiera spargere il sangue degl'innocenti. I suoi sforzi per istrascinare il popolo siciliano in questa guerra formavano la disgrazia e la desolazione della nostra patria»393. Col pretesto di questa crociata, Carlo esigeva da' suoi sudditi insopportabili sovvenzioni di guerra, imposte inaudite.
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