Colà si recarono tre de' più principali baroni siciliani, e confermarono al segretario dell'imperatore le promesse di Procida, incaricandolo di far conoscere al papa ed al re d'Arragona la qualità del giogo ch'essi portavano e l'impazienza loro di liberarsene.
Procida passò a Roma coll'inviato dell'imperatore, ed ottennero da Nicolò III una segreta udienza nel castello di Suriano. Colà si pretende che Procida si valesse dell'oro de' Greci presso il conte Bertoldo Orsino e presso lo stesso papa398; ma soprattutto ricordò all'ultimo, che Carlo aveva sdegnato d'imparentarsi colla sua famiglia, ed aveva rifiutata l'offerta con un insultante motto399; che lo stesso Carlo erasi costantemente opposto a' suoi progetti; che sforzavasi di riaccendere le guerre civili, che il papa cercava di spegnere; per ultimo, ch'egli erasi eretto in arbitro dell'Italia, e teneva quasi la Chiesa in servitù. Per abbassare la potenza de' Francesi altro Procida non domandava al papa che il suo assenso in iscritto a favore di Costanza d'Arragona per far valere i suoi diritti sulla Sicilia400. L'ottenne, e munito di lettere pontificie dirette al re di Arragona, si pose in viaggio per la Spagna.
Ma non era appena giunto alla corte di Barcellona, che l'inaspettata morte di Nicolò III poco mancò che non rovesciasse tutti i suoi progetti. Pietro d'Arragona pareva già scoraggiato; ed era a temersi che i Siciliani si disanimassero vedendo il capo della Chiesa dichiararsi contro di loro, invece d'appoggiarli. Procida risolse di tornare a Costantinopoli onde affrettare i sussidj attesi dal re Pietro; e volle che gli ambasciatori di questo re indagassero le disposizioni del nuovo pontefice, e che i Siciliani dal canto loro implorassero la sua protezione, sperando che non solo non gli ajuterebbe, ma gli avrebbe al contrario esacerbati con una manifesta parzialità pei Francesi.
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