Nello stesso tempo il re Pietro fece lentamente avanzare le sue truppe alla volta di Messina4, e mandò tre cavalieri catalani a Carlo colla seguente lettera di sfida:
«Pietro re d'Arragona e di Sicilia a te, Carlo, re di Gerusalemme e conte di Provenza.
«Noi ti participiamo il nostro arrivo nell'isola di Sicilia, regno che ci fu aggiudicato dall'autorità di santa Chiesa, da messere il papa e dai venerabili cardinali; e ti comandiamo che, veduta questa lettera, tu debba partire dall'isola di Sicilia con tutta la tua forza e la tua truppa; e sappi che se tu non lo farai, vedrai immantinenti con tuo danno i nostri cavalieri ed i nostri fedeli attaccare la tua persona ed i tuoi soldati.»
Carlo il più orgoglioso monarca di cristianità, e fino a quest'epoca fors'anco il più potente, fremè di sdegno quando lesse una così superba lettera d'un piccolo principe ch'egli non credeva potergli stare a fronte; e gli mandò la seguente riposta:
«Carlo, per la grazia di Dio, re di Gerusalemme e di Sicilia, principe di Capoa, conte d'Anglò, di Forcalquier e di Provenza, a te Pietro, re d'Aragona, conte di Valenza.
«Noi siamo estremamente maravigliati come tu abbi avuto l'audacia di venire nel regno di Sicilia a noi conceduto dall'autorità della santa romana Chiesa; perciò ti comandiamo che, a vista della nostra lettera, tu debba partire dal nostro regno di Sicilia come malvagio traditore di Dio e della santa Chiesa. E se tu non lo fai, noi ti sfidiamo come nostro nemico e traditore verso di noi. All'istante ci vedrai venire a tuo danno; giacchè noi e la nostra armata desideriamo molto di vederti colle tue genti che tu hai condotte»5.
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