Trovavasi vinto senza ancora sapere quale forza impiegasse contro di lui il suo nemico, e senza aver potuto combattere; onde era impaziente di far prova del proprio valore, d'incaricarsi egli medesimo della sua vendetta, invece di confidarla al braccio de' suoi soldati, o di farla dipendere dall'incostanza degli elementi. Dopo avere abbandonata la Sicilia scrisse al re Pietro, invitandolo a decidere con un privato combattimento sottomesso al giudizio di Dio, i loro diritti e la loro lite. Propose che cento cavalieri combattessero contro cento cavalieri a Bordeaux, sotto la guarenzia del re d'Inghilterra, cui apparteneva questa città: i due re dovevano trovarsi alla testa dei loro campioni e promettere che la sorte della Sicilia dipenderebbe dall'esito della pugna. Pietro d'Arragona che aveva bisogno di acquistar tempo per assodare la sua autorità in Sicilia, e terminare i preparativi di difesa, accettò con piacere la proposta di Carlo, tanto più che avendo egli minor numero di sudditi, poche truppe e meno tesori, era ben fortunato di poter combattere con pari forze con un così potente nemico. I due re promisero di trovarsi a Bordeaux il 15 maggio del 1283, dichiarando in caso che mancassero all'appuntamento, non solo di rinunciare ad ogni diritto sul regno di Sicilia, ma inoltre ad essere spogliati dei loro stati ereditari, e vituperati da ogni assemblea di nobili e cavalieri, come traditori ed uomini senza onore7.
Gli apparecchi per questa pugna giudiziaria allontanarono alcun tempo i re rivali dai regni della Sicilia e della Puglia, locchè diede un'apparenza di pace a queste province, mentre molte altre contrade d'Italia erano, a quest'epoca, travagliate dalla guerra.
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