Una galera genovese che tornava dalla guerra di Sicilia fu, senza averli provocati, presa dai Pisani; i Genovesi che abitavano in san Giovanni d'Acri furono attaccati dai borghesi di quella città ad istigazione dei Pisani, cacciati dal loro quartiere, saccheggiati i magazzini ed incendiate le case10.
Dopo avere per mezzo de' loro ambasciatori domandata invano soddisfazione di così gravi ingiurie, i Genovesi risolsero di ottenerla colle armi. Per altro i due popoli s'andarono lungo tempo provocando, ed in seguito evitandosi, senza venire seriamente alle mani. Ciò facevano, senza dubbio, gli uni e gli altri per addestrare le loro ciurme alle manovre militari, ed aver tempo di adunare i loro marinai sparsi su tutti i mari a servigio del commercio, prima di esporre l'onore delle loro armi, e forse la sorte delle repubbliche in una battaglia generale.
Alla fine d'agosto, Nicola Spinola si presentò avanti alle foci dell'Arno con ventisei galere, e si ritirò quando i Pisani uscirono con trenta per dargli la caccia. Otto giorni dopo, l'ammiraglio pisano, Guinicello Sismondi, spiegò anch'egli le vele per cercare i Genovesi a casa loro. S'avanzò fino a Porto Venere11 senza incontrare la flotta genovese, e, dopo aver saccheggiato quel porto e la vicina campagna, fu assalito il 9 settembre, mentre si ritirava, da una burrasca che fece incagliare la metà delle sue navi tra Viareggio ed il Serchio12.
I Genovesi non potevano darsi vanto del disastro di Guinicello; quindi fecero quanto potevano per porsi in istato di sostenere con maggior gloria la guerra.
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