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      I Pisani rimontarono su le loro galere con una sollecitudine, con un tale giubilo, che ben sembrarono felice presagio di vittoria. La maggior parte delle navi trovavansi ancorate tra i due ponti della città. Venne l'arcivescovo sul ponte vecchio con tutto il clero, e spiegando al vento lo stendardo del comune, benedì la flotta. Si moltiplicarono le grida di gioja, si levò l'ancora, ed i vascelli scesero fino alla foce dell'Arno.
      All'indomani 6 agosto 1284 le flotte si scontrarono presso all'isola della Meloria, e la battaglia incominciò poco dopo il mezzogiorno. I Genovesi che avevano ricevuto un nuovo rinforzo, nascosero Benedetto Zaccaria, che l'aveva condotto, con trenta galere dietro la piccola isola della Meloria; per la quale manovra sembrando le due flotte d'uguale forza, i Pisani non si rifiutarono di porre in arbitrio d'una battaglia la salvezza della loro repubblica, ed il dominio del mare inferiore.
      Le due flotte s'avanzarono divise in più corpi. Tra i Pisani il podestà Morosini comandava la prima squadra, Andreotto Saracino la seconda, ed il conte Ugolino la terza: le tre squadre della flotta genovese erano comandate dall'ammiraglio Oberto Doria, Corrado Spinola e Benedetto Zaccaria. Terribile fu l'urto delle due prime che vennero alle mani nello stesso istante, e la battaglia si continuò lungo tempo, senza che si scorgesse una parte più avvantaggiata dell'altra; ma la vista di quel fatto, dice uno storico genovese, ispirava ad un tempo orrore e compassione16. Infinito era il numero di coloro che perivano in cento diverse maniere; gli uni cadevano mutilati sul ponte, altri erano precipitati semivivi nell'onde; allora nuotavano intorno alle navi, ed imploravano l'ajuto e la pietà de' loro compatriotti e de' loro nemici; prendevano tutto quanto veniva loro alle mani, s'aggrappavano ai remi, e, perciò che in tal guisa sospendevano la manovra, per continuare la battaglia venivano respinti cogli stessi remi, e ricacciati nell'acque.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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