Intanto Ugolino erasi nuovamente impadronito del palazzo pubblico, cacciatone il podestà, e fattosi dichiarare capitano e signore di Pisa. Aveva prescelto per la inaugurazione il giorno della sua nascita, e, mentre tornando da un banchetto, rientrava in casa sua gonfio d'orgoglio ed inebbriato della propria fortuna, disse ad alcuno di coloro che gli erano vicini: «E bene, Lombardo, cosa mi manca ancora? - Non altro, quegli rispose, che la collera di Dio.» Ne tardò questa a colpirlo.
Vedendo il conte che il popolo era disposto ad approvare il trattato sottoscritto a Genova e che Nino di Gallura ed i Guelfi medesimi ne affrettavano l'esecuzione, commise ad alcuni corsari Sardi d'armare in corso contro i Genovesi in disprezzo della convenuta sospensione d'armi, ricominciando in tal modo le ostilità21. Volle in pari tempo ravvicinarsi ai Ghibellini di Pisa, e propose un'alleanza all'arcivescovo degli Ubaldini ch'erasi fatto loro capo, onde di concerto cacciare fuori di città Nino ed i Guelfi. Per altro, siccome non voleva affatto perdere presso i Fiorentini suoi antichi alleati la riputazione d'essere guelfo ancor egli, quand'ebbe tutto disposto perchè i suoi satelliti secondassero l'arcivescovo ed i Ghibellini, ritirossi al castello di Settimo per non essere presente alla imminente rivoluzione. Ruggeri degli Ubaldini fece rientrare in città i Gualandi, i Sismondi, i Lanfranchi ed alcune altre famiglie ghibelline, gli unì alle truppe del conte, e per tal modo si trovò tanto superiore di forze al giudice di Gallura, che questi senza combattere si ritirò col suo partito a Calcinara.
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