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      Il governo sentivasi troppo debole per lottare contro questi potenti avversarj, onde tutte le violenze usate dalla nobiltà alla plebe rimanevano sempre impunite. Finalmente il popolo, irritato da tanti insulti privati della nobiltà, si dispose di volerla in tutto reprimere con tali severissime leggi, che, fino a quest'epoca, in veruna repubblica, non era stato assoggettato a così tirannico ed arbitrario trattamento il primo ordine dello stato.
      Era in Firenze un gentiluomo chiamato Giano della Bella, il quale, comechè discendesse da una delle più nobili famiglie toscane, o per non avere una fortuna proporzionata alla sua ambizione, o perchè i disordini di cui la nobiltà si rendeva colpevole gli avessero ispirato avversione, rinunciò ai privilegi de' suoi natali per associarsi al popolo contro la sua casta38. Essendo Giano uno de' priori delle arti, approfittò dell'opportunità d'un'assemblea del popolo, o parlamento, per arringare sulla pubblica piazza i suoi concittadini39. Domandò loro in nome della libertà di voler mettere fine all'insubordinata insolenza dei nobili ed agl'insulti cui erano i plebei continuamente esposti. Accusò i nobili di esercitare l'assassinio a mano armata, di strappare i querelanti davanti ai tribunali, di allontanarne a forza i testimoni, d'incutere timore agli stessi giudici e di sospendere o distruggere le leggi. Domandò altamente che la podestà pubblica si rendesse superiore alle forze private che osavano di starle a fronte; che si punissero l'intere famiglie, poichè queste non volevano abbandonare gl'individui alla correzione dei tribunali; che si rendesse la signoria più forte, chiamando il poter militare in soccorso dell'autorità civile; e che si organizzassero in modo le guardie borghesi da non abbandonare giammai il palazzo de' priori delle arti e della libertà40.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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