Frattanto i nemici di Giano nella nuova elezione de' priori ottennero di far cadere la scelta sopra sei de' principali capi di quella aristocrazia plebea ch'era subentrata alla nobiltà. Tosto che costoro furono in carica, aprirono innanzi al capitano del popolo un'inquisizione intorno alla condotta di Giano della Bella, accusandolo d'avere in segreto eccitata un'insurrezione, che aveva avuto luogo pochi mesi prima.
Da prima la plebe parve irritarsi per somigliante accusa; si adunò intorno alla casa di Giano esibendogli di prendere le armi in sua difesa quand'anche avesse dovuto per ciò impadronirsi della città: il fratello di Giano si recò pure collo stendardo del popolo fino ad Orsanmichele, lontano duecento passi dal palazzo della signoria. Ma Giano avvedendosi di essere tradito da coloro stessi che d'accordo con lui avevano innalzata la potenza del popolo, e che i suoi nemici erano potenti e riuniti in armi avanti al palazzo dei priori, non volle esporre la patria sua ad una guerra civile, nè presentarsi al tribunale de' giudici la cui equità eragli per lo meno sospetta. Cedette adunque ed uscì di Firenze il 5 marzo del 1294, sperando che il popolo non tarderebbe a richiamarlo; ma invece fu condannato dal capitano del popolo e morì in esilio48. «Fu per contumacia condannato nella persona e sbandito, e morì in esilio, e tutti suoi beni disfatti, e certi altri popolani con lui; onde di lui fu grandissimo danno alla nostra città e massimamente al popolo, però ch'egli era il più leale uomo e diritto popolano di Firenze, amatore del bene comune, e quelli che mettea in comune non ne traeva.
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