I capitani di parte guelfa fecero per ordine de' priori proposte di accomodamento tra i Cerchi e gli Spini. Questi, mostrando di dare orecchio alle proposizioni, non lasciavano di affrettare la venuta di Carlo, mentre i Cerchi, capi dei Bianchi, si addormentavano su queste speranze di pace, e non facevano verun apparecchio di difesa.
Carlo mandò da Staggia i suoi ambasciatori a Firenze per domandare d'essere ricevuto come un amico che veniva a riconciliare la parte guelfa alla Chiesa. Questi ambasciatori chiesero d'essere introdotti nel gran consiglio, ciò che loro non potevasi negare. Quand'essi ebbero parlato, i priori imposero silenzio a tutti i consiglieri, che avrebbero voluto rispondere in presenza loro, al quale oggetto più d'uno erasi già alzato; onde agli ambasciatori di Carlo fu agevole il giudicare dalla premura che ponevano nel voler manifestare la propria opinione in loro presenza, che il partito de' Neri e del principe aveva riacquistata forza ed energia. La signoria, dopo la segreta deliberazione dei consigli e quella delle arti e mestieri, mandò da parte sua ambasciatori a Staggia, promettendo a Carlo d'accoglierlo onorevolmente, a condizione che non mutasse le leggi e le costumanze della repubblica e non pretendesse diritti o giurisdizione di veruna sorte, sia a titolo di vicario dell'impero, sia per tutt'altra ragione. Se Carlo non accordava questa promessa, gli ambasciatori avevano ordine di chiudergli il passaggio di Poggibonzi che era fortificato, e di rifiutargli le vittovaglie.
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