«Quale fu, cittadini, la politica de' nostri antenati?» diceva il conte Ugolino ai Pisani, quando voleva persuaderli a fare la pace coi Guelfi. «Essi conquistarono la Sardegna e la Corsica; desiderarono ricchezze e signorie oltre mare; ma vollero mantenersi amiche le vicine città. Non contesero ai Fiorentini il loro vasto e ricco territorio: ed infatti qual giovamento possiamo sperare dalla presente guerra con Firenze? ad inimicarci i nostri sudditi di Buti e di Calcinaja, perchè le loro proprietà vengono guastate; ad esporci a dolorose umiliazioni per beni che non costituiscono la nostra vera ricchezza132.»
Per altro non erano proprietarj i soli nobili: eranvi due altre classi d'uomini che avevano delle terre, cioè i mercanti possessori di case in città e di ville in campagna, ed i contadini che le repubbliche avevano liberati dalla schiavitù. Ma i primi, la di cui proprietà mobiliare era spesso le trenta e le cinquanta volte maggiore de' beni stabili, non avevano peranco adottati i sentimenti che inspiravano ai gentiluomini una proprietà composta di soli terreni; e sebbene il trionfo d'un partito fosse quasi sempre accompagnato dalla demolizione delle case e dal sequestro de' fondi della contraria fazione, conservavano non pertanto anche in mezzo alle rivoluzioni l'indipendenza del loro carattere. Dall'altro canto i contadini non si prendevano pensiere de' pubblici affari ed ubbidivano senza deliberare a chi voleva loro comandare. Agli uomini della più bassa classe non possono essere ispirate idee superiori alla circoscritta periferia degl'interessi domestici, nè si può far loro sentire l'esistenza d'una nazione cui devono le loro cure, che coll'abitudine delle adunanze e della vita cittadinesca.
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