Non v'ha dubbio che la ricorrenza del giubileo non consigliasse a Dante di scegliere l'anno 1300 per il misterioso suo viaggio, sia che scrivesse il poema prima o dopo tale epoca. Un propizio istante per visitare il vasto impero dei morti era quel punto che divideva un secolo dall'altro e gli uomini di due generazioni: oltre che in tale festa secolare eravi qualche cosa che colpiva l'immaginazione, e la forzava a rivolgersi al passato. Bonifacio VIII, appoggiandosi a pretese tradizioni, accordò un'indulgenza plenaria per tutti i peccati a coloro che, essendo confessati, visiterebbero quindici giorni di seguito le chiese di san Pietro e san Paolo in Roma. I soli Romani, perchè non avevano il disagio del pellegrinaggio, dovevano visitarle trenta volte di seguito. Tutti i venerdì e tutte le feste esponevasi all'adorazione de' fedeli il sudario di Cristo, raccolto da santa Veronica. Sebbene Bonifacio, come abbiamo già osservato, ispirasse poco rispetto al mondo cristiano, non si lasciò per questo da tutti i fedeli di essere nel pieno convincimento dell'efficacia delle indulgenze ch'egli accordava; e da ogni parte della Cristianità, gli uomini d'ogni rango, s'affollavano a Roma per partecipare a queste grazie spirituali. Giovanni Villani, che fu uno de' pellegrini, assicura che durante tutto l'anno trovaronsi costantemente a Roma duecento mila forastieri, che giugnevano, visitavano e ripartivano per lasciar luogo ad altri165. Questa moltitudine di forastieri che univansi in un sol luogo da tutte le parti del mondo, che si premevano, si urtavano, per disporsi a presentarsi avanti al supremo giudice, viene vivamente rappresentata da quella sempre nuova gente, che Dante vedeva affollarsi per passare l'Acheronte.
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