Dante raccolse nel suo poema così svariate cognizioni, che basterebbe egli solo a provare i progressi che a' suoi tempi avevano fatto le scienze e la filosofia; ma non pochi altri tennero la stessa strada: e sebbene tra questi e Dante si ravvisi la differenza che sempre distingue il genio dai talenti, non è peraltro che non provino anche questi quanto l'amore dello studio e l'ambizione della gloria delle lettere fosse allora universale; e che se Dante s'innalzò al di sopra del suo secolo, fu perchè s'innalzò sopra l'umana natura.
Da questo numero non isceglieremo che Guido Cavalcanti, poeta ad un tempo, filosofo e capo di partito. Boccaccio lasciò di lui scritto in una novella169: «Egli fu un de' migliori loici che avesse il mondo, ed ottimo filosofo naturale, leggiadrissimo e costumato e parlante uomo molto; ed ogni cosa che far volle ed a gentile uom pertinente, seppe meglio che altro uom fare; e con questo era ricchissimo, ed a chiedere a lingua sapeva onorare, cui nell'animo gli capeva che il valesse. Ma Guido alcuna volta specolando, molto astratto dagli uomini diveniva. E perciò che egli alquanto tenea della opinione degli Epicurei, si diceva tra la gente volgare, che queste sue speculazioni eran solo in cercare, se trovare si potesse, che Iddio non fosse.» Le poesie di Guido, la sola delle sue letterarie fatiche a noi pervenuta, non appoggiano quest'accusa d'ateismo; ma n'era stato incolpato anche suo padre, e lo stesso Dante lo credette, poichè, malgrado la sua stretta domestichezza con Guido, pose Cavalcante Cavalcanti nell'inferno tra gli eretici epicurei a lato a Farinata degli Uberti, col quale parlando vede comparire il Cavalcanti:
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