Noi siamo sempre troppo facili a scordarci che l'invenzione della stampa mutò totalmente gli obblighi degli autori e le relazioni loro coi leggitori.
Nelle altre province d'Italia non erasi ancora adottato il dialetto fiorentino come lingua universale175; onde troviamo avere alcuni storici del XIII e XIV secolo adoperato nelle loro storie il dialetto del proprio paese, forse allora creduto elegante come il toscano, comechè al presente non venga usato che nel conversar famigliare. Un anonimo pisano, contemporanea del conte Ugolino e di Guido di Montefeltro, ci lasciò alcuni curiosi frammenti dell'istoria della sua patria, scritti in un dialetto pisano, che non è ora adoperato in verun luogo176. Matteo Spinelli di Giovenazzo, gentiluomo pugliese, il più antico di tutti gli scrittori volgari, fece uso ne' suoi giornali, che vanno dal 1250 al 1268, dell'idioma napoletano, quale press'a poco parlasi ancora al presente177. Egualmente lo storico di Cola di Rianzo scrisse verso la metà del quattordicesimo secolo il suo giornale in lingua romanesca, che s'avvicina assai più all'odierno dialetto napoletano che al moderno della plebe di Roma178.
La barbarie dei dialetti che si parlavano nel rimanente dell'Italia, ed il rimprovero d'affettazione che sarebbesi dato ad un Lombardo o ad un Siciliano che avesse scritto nel dialetto fiorentino, costrinsero quasi tutti gli altri storici del tredicesimo secolo a fare uso della lingua latina. Ma mentre molti, non conoscendone altro migliore, si valevano del barbaro stile de' notari, alcuni distinti personaggi, ch'eransi interamente dedicati allo studio delle lettere, fecero risorgere, quasi in tutta la sua purità, la lingua degli oratori e de' poeti romani.
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