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      Impediva a questi stati il godimento di quel riposo che d'ordinario si ottiene da un governo monarchico, il non essere tale forma di governo guarentita da veruna legge, nè accreditata dalla pubblica opinione. Il capo dello stato altro ancora non era in faccia al popolo che il depositario d'un potere a lui confidato dal popolo medesimo; s'egli ne abusava, non veniva appoggiato da verun sistema d'ubbidienza passiva che potesse liberarlo dal rimprovero d'usurpatore e di tiranno; verun diritto ereditario era riconosciuto o supposto nella famiglia regnante. Pare che lo stabilimento dell'opinione di tale diritto non avrebbe dovuto incontrare troppe difficoltà in un paese, ove tante prerogative erano ereditarie, ove la nobiltà, anche a dispetto delle leggi, conservava tanta influenza, ove l'ereditaria trasmissione dei feudi avvezzava i vassalli all'ubbidienza. Era desiderabile che quest'opinione sì stabilisse; giacchè quando un popolo ha per sempre perduta ogni speranza di libertà, il riposo d'una regolare monarchia è forse il solo bene di cui possa godere. Ma i piccoli monarchi d'ogni città opponevansi essi medesimi alla opinione che il loro podere fosse ereditario, perchè questo diritto d'eredità avrebbe potuto ritorcersi contro di loro. Quelli che erano succeduti ad una repubblica, avevano abbassati nobili più antichi e più illustri di loro; quelli ch'erano succeduti ad altri signori, non avevano tenuto conto del diritto de' loro predecessori, perchè avevano interesse di negarlo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288