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      Oltre i feudi, ch'egli possedeva per diritto ereditario, era, l'anno 1290, capitano e signore generale di Pavia, Novara, Vercelli, Tortona, Alessandria, Alba ed Ivrea. Bramava di avere sotto di sè anche la città di Asti, la più bellicosa, la più ricca e commerciante repubblica del Piemonte. D'altra parte i Visconti, signori di Milano, adombrati dalla crescente sua potenza, favorivano sotto mano la città di Asti. Ma questa, non si accontentando del loro ajuto, cercò alleati fra gli stessi sudditi del marchese Guglielmo, ed offrì agli Alessandrini, che mostravansi omai stanchi del dominio del marchese, trentacinque mila fiorini se volevano discacciarlo e collegarsi con loro. Guglielmo, avvisato di queste pratiche, corse verso Alessandria; e, sebbene la città tumultuasse, osò d'entrarvi con debole accompagnamento, o perchè molto si ripromettesse della sua presenza, o perchè alcuni traditori gli avessero promesso l'ajuto d'un partito che poi rivolsero contro di lui. Guglielmo appena giunto avanti al palazzo del comune fu imprigionato; indi chiuso in una gabbia di ferro ed esposto al pubblico quale bestia feroce. Visse miseramente diciotto mesi in questa gabbia, nella quale morì di dolore l'anno 1292185.
      Una terza catastrofe doveva tra poco far maravigliare la Lombardia, dando una novella prova dell'instabilità del potere de' signori; fu questa la caduta della casa Visconti. Matteo, che n'era il capo, aveva approfittato della morte del marchese Guglielmo e dell'estrema gioventù di suo figliuolo Giovanni, per estendere la sua signoria sul Monferrato.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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