Perciò Benedetto fece molte pratiche per riconciliarsi con Filippo il bello, e lo assolse co' suoi sudditi e ministri dalla scomunica in cui erano incorsi per avere sostenuti quelli che andavano a Roma, o vi mandavano danaro. È pure probabile che fossero colla stessa bolla assolti tutti coloro che avevano presa parte alla sacrilega prigionia di papa Bonifacio, tranne il solo Guglielmo di Nogareto196.
Intanto Benedetto ondeggiava irresoluto tra la politica ed i doveri della sua carica: troppo grave era l'ingiuria sostenuta da Bonifacio e di troppo pericoloso esempio, perchè i suoi successori la lasciassero affatto impunita. Se Benedetto avesse ottenuta una perfetta indipendenza, non avrebbe ommesso di chiedere ragione a Filippo della sua sacrilega condotta. Manifestò pure scopertamente questa sua volontà in una nuova bolla datata in Perugia il 7 di giugno. «Abbiamo, egli dice, differita finora per giusti motivi la punizione dell'esecrabile delitto che alcuni scellerati commisero contro la persona del nostro predecessore, Bonifacio VIII di felice ricordanza. Ma non possiamo più oltre differire a levarci, o piuttosto Dio stesso deve levarsi con noi per castigare i suoi nemici, e scacciarli dal suo cospetto.» - Benedetto annovera ad uno ad uno coloro che aveva egli stesso veduto prender parte a tanta iniquità, fra i quali Guglielmo di Nogareto e quattordici gentiluomini, quasi tutti italiani: e dopo aver dipinto il loro misfatto co' più vivi colori, soggiugne: «Avendo dunque osservate le forme di diritto, dichiariamo che tutti coloro che abbiamo nominati e tutti gli altri che parteciparono allo stesso delitto, tutti quelli che colla propria persona concorsero agli attentati commessi in Anagni contro Bonifacio, e tutti quelli che diedero, per commetterli, soccorsi, consigli, favore, sono incorsi nella sentenza di scomunica pronunciata dai sacri canoni.
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