Pistoja è posta in un piano; era cinta di mura in allora assai forti e di poco esteso giro, con larghe fosse piene di acqua che ne impedivano gli approcci; le porte erano gagliardamente fortificate, e varj ridotti sostenevano le mura, di modo che l'arte degli assedj, essendo di que' tempi ancora troppo imperfetta, gli assedianti non potevano lusingarsi di prendere la città per forza. Perciò i generali guelfi cercarono di affamarla, e fecero scavare dall'uno all'altro ridotto larghe fosse che guarnirono di palizzate; ondechè terminato questo lavoro più non fu possibile di vittovagliare la città. I Pistojesi per interrompere i lavori facevano frequenti sortite e combattevano valorosamente, ma erano talmente inferiori di numero, che venivano sempre respinti con perdita. Tali scaramuccie erano spesse volte seguite da atti crudelissimi, troppo odiosi perchè se ne debba conservare la memoria. Un violento odio di partito ed un infinito numero di vendette personali s'aggiungevano all'animosità nazionale.
I Pisani mandavano bensì alcuni soccorsi di danaro, ma non si trovavano abbastanza forti per rompere la loro tregua coi Fiorentini, ed avanzarsi con un'armata capace di far levare l'assedio; ed i Bolognesi, poco affezionati a Pistoja, non si davano pensiero di soccorrerla. Frattanto Tolosato degli Uberti ed Agnello Guglielmini, rettori della città assediata, incominciando a scarseggiare i viveri, fecero uscire di Pistoja i poveri, i fanciulli, le vedove, e quasi tutte le donne di bassa condizione.
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