«In un grande parco chiuso di legname fece legare, ciascuno a un palo, cinquantasei de' detti Tempieri, e fece metter fuoco a piede, ed a poco a poco l'uno innanzi l'altro ardere, ammonendoli che quale di loro volesse riconoscere l'errore, il peccato suo, potesse scampare; e in questo tormento, confortati dai loro parenti e amici, che riconoscessero e non si lasciassero così vilmente morire e guastare, niuno di loro il volle confessare; ma con pianti e grida si scusavano, com'erano innocenti di ciò e fedeli cristiani, chiamando Cristo e santa Maria e gli altri santi, e col detto martorio tutti ardendo e consumando, finirono la vita240.»
Un poeta francese offre adesso in qualche modo un sagrificio espiatorio alla memoria degli sventurati Templari, facendo spargere a' suoi compatriotti lagrime sui patimenti di que' cavalieri, sui delitti del re, del pontefice, de' loro giudici, de' loro persecutori. Aggiugnendo al merito poetico una rara erudizione, illustrò sommamente gli eroi che chiamò sulla scena. Ma gli stessi contemporanei de' Templari non lasciarono di attestarne l'innocenza: uno de' santi che venera la Chiesa, dichiarò calunniose tutte le accuse fatte a' Templari, le quali non furono inventate, egli dice, che dall'avarizia per ispogliare que' cavalieri de' moltissimi beni che possedevano241. Osserva l'annalista ecclesiastico, che quest'asserzione rendesi probabile quando si osserva che i consiglieri di Filippo erano scellerati impostori e calunniatori. Questo re, egli dice, che aveva invasi i beni delle chiese, che aveva oppressi i suoi popoli, che aveva adulterate le monete, spogliati tutti i Giudei del regno, e cercati altri vergognosi profitti che ancora più vergognosamente dissipava, ben potè essere tentato dalle ricchezze del tempio, di cui s'impadronì, dopo avere dichiarato colle sue lettere patenti che le avrebbe rispettate.
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