I vantaggi di una vittoria ottenuta da un partito non possono giammai appagare le speranze concepite da tutti i suoi capi, e le speranze deluse sono d'ordinario immediata cagione della divisione de' vincitori. Corso Donati era stato a Firenze il principal capo di quella rivoluzione che aveva cacciati i Bianchi in esilio e resi i Neri potentissimi; pareva che la repubblica avesse adottate perfino le sue private nimicizie contro Vieri de' Cerchi, e tutte le sue passioni. Non pertanto Donati s'avvide ben tosto di non avere raccolto verun frutto dalla sua vittoria: i capi della nobiltà, cui erasi associato, mostraronsi gelosi della sua riputazione, e tentarono d'indebolire la di lui influenza nella pubblica amministrazione. Volle allora far prova della sua individuale potenza, gettandosi nella opposizione, censurò le operazioni de' principali magistrati, e non tardò ad accorgersi con dolore che non le poteva impedire, e si procacciava dei nemici. Finalmente cercò di formarsi un partito contro quello medesimo che egli aveva lungo tempo diretto; e mentre che Rosso della Tosa, Geri Spini, Pazzino de' Pazzi e Betto Brunelleschi governavano la repubblica, per combattere questi capi della nobiltà, si associò coi Bordoni e coi Medici. Formavano i Medici una famiglia popolana che cominciava ad arricchirsi e ad aver parte a quest'epoca ne' pubblici affari.
Corso Donati accusava in ogni occasione il governo di venalità e di dilapidamento; rispondevano i suoi nemici con un'accusa ancora più popolare, e quindi a Corso più dannosa, lo accusavano di volere usurpare la tirannide, adducendo per prova il suo lusso, le spese, l'orgoglio del suo parlare, i clienti di cui s'andava circondando, e più di tutto il suo recente matrimonio.
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