Per una conseguenza dello stesso piano d'usurpazioni, Alberto riteneva l'eredità di suo nipote Giovanni d'Austria, unico figliuolo di suo fratello Rodolfo, cui, appena giunto alla maggiorità, avrebbe dovuto dare il possesso d'una parte dei beni della casa d'Absburgo; ed egli erasi anzi rifiutato alle sue dimande con ingiuriosi motteggi. Il giovane principe confidò la segreta sua indignazione ad alcuni gentiluomini egualmente malcontenti d'Alberto, che lo incoraggiarono a vendicarsi. Il 1 maggio 1308, passando Alberto da Stein a Baden, i congiurati lo separarono da una parte del suo corteggio nell'uscire dalle valli che guidano al guado di Windisch, sotto colore che non conveniva caricare di soverchio il battello che doveva passarli all'opposta riva; e quando arrivarono sotto il castello d'Absburgo, in un podere che dalla più rimota antichità apparteneva alla famiglia d'Alberto, e sotto gli occhi di tutto il suo seguito, che il solo fiume Reuss teneva da lui separato, Giovanni d'Austria piantò la sua lancia nella gola dello zio, gridando: ricevi il prezzo della tua ingiustizia. Nel medesimo istante gli furono addosso tutti gli altri congiurati250.
Peraltro il principe Giovanni non aveva prese le necessarie precauzioni per raccogliere il frutto della sua congiura: spaventato dal sangue che aveva versato, e tormentato dai rimorsi, fuggì tra le montagne, ove visse alcun tempo solitario: di là venne in Italia, nascondendosi a Pisa, nel qual luogo si crede che terminasse i suoi giorni in un convento d'Agostiniani251. Nè soltanto i suoi complici, ma tutti i loro parenti, amici e servitori, perseguitati crudelmente da Agnese, vedova d'Alberto, perirono per mano del carnefice: e la morte del re fu vendicata con quella di più di mille persone, quasi tutte innocenti.
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