Appena comparso, tutti i signori d'Italia si mossero per incontrarlo. Guido della Torre che comandava a Milano col favore della parte guelfa, fece dire all'imperatore di fidarsi di lui, promettendogli di condurlo per tutta l'Italia, come per una provincia suddita, portando lo sparviero in pugno, e senza che fosse bisogno di condurre soldati258. Filippone, conte di Langusco, signore di Pavia, Simone di Colobiano, signore di Vercelli, Guglielmo Brusato di Novara ed Antonio Fisiraga di Lodi, vennero in persona alla corte con una deputazione scelta nelle città da loro signoreggiate. Enrico, senza distinzione di parti, gli ammise tutti al suo consiglio, a tutti promettendo grazie e favori personali, ma dichiarando in pari tempo che illegittimo era il potere che si erano usurpato nelle città; ch'egli voleva che queste rientrassero sotto l'immediato suo dominio, e che fossero richiamati tutti i fuorusciti. Siccome la sua domanda era conforme al voto di tutti i cittadini, vedendo i signori di non gli potere opporre veruna resistenza, mostrarono di rinunciare di buon grado la loro signoria nelle mani dell'imperatore, e gli consegnarono le chiavi delle loro città. Ebbero in compenso e feudi e titoli di nobiltà259.
Il solo Guido della Torre pareva disposto a far resistenza, sebbene avesse col suo messaggio riconosciuto l'imperatore. Aveva egli stretta alleanza colle città toscane, guelfe come lui; ed ancora senza i loro soccorsi ben poteva colle proprie forze opporre ad Enrico un'armata eguale alla sua, e pagarla più lungo tempo che l'imperatore.
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