I capi de' Guelfi cremonesi fuggirono, ed i Ghibellini, avendo resa la città, furono dall'imperatore crudelmente puniti di una colpa, cui non avevano avuta parte. Duecento de' principali cittadini, venuti a gittarsi ai suoi piedi per ottenere il perdono, furono cacciati in orribili prigioni; furono atterrate le mura e le rocche di Cremona; il comune fu assoggettato ad un'emenda di cento mila fiorini, e le proprietà e le persone de' cittadini abbandonate alla licenza ed alle molestie de' Tedeschi vincitori.
La sola città di Brescia, non peranco sottomessa, aveva ricevuti i fuggitivi di Lodi e di Crema, onde, udendo dagli ultimi quanto fossero pentiti d'essersi arresi, determinò di volersi difendere. Il 19 di maggio del 1311, Enrico l'assediò con tutte le sue genti. In questa città era capo del partito guelfo Tebaldo Brusati, al quale colla cura della difesa della patria era stato dato il titolo e l'autorità di signore e di principe266. La città si difese valorosamente tutta la state, avendo in molte sortite battuti gl'imperiali; e, sebbene una volta fosse fatto prigioniero Tebaldo, non vollero salvargli la vita a prezzo della libertà. Anzi questo generoso capo, benchè prigioniero, esortava i suoi concittadini a difendersi, onde Enrico, per punire tanta audacia, lo dannò a crudelissimo supplicio, che i Bresciani vendicarono barbaramente, facendo appiccare ai merli delle loro mura sessanta prigionieri tedeschi. Poco dopo Valerano, conte di Luxemburgo, fratello d'Enrico, fu ucciso in una scaramuccia, ed il monarca che si moriva di voglia di ricevere a Roma la corona imperiale, e che d'altra parte trovava l'onor suo interessato a vendicare gli affronti ricevuti sotto Brescia, vedevasi ridotto in difficile posizione, tanto più che le malattie incominciavano a fare stragi nel suo campo.
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