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      Si seppe in breve che il principe Giovanni di Napoli era entrato con un'armata in Roma per difendere il circondario di questa capitale dall'armata imperiale, e che, essendosi unito agli Orsini, aveva attaccati i Colonna e tutti i partigiani di Enrico. All'avviso di tali emergenze i deputati di Roberto fuggirono la notte da Genova: e i due re, senza veruna dichiarazione di guerra, fecero nuovi apparecchi per offendersi272.
      La lega guelfa di Toscana, di cui era capo Roberto, aveva guarnito di truppe lo stato di Lucca ed il paese di Sarzana per chiudere il passaggio ad Enrico; faceva guardare gli Appennini tra Fiorenza e Bologna per difendere anche quest'ingresso della Toscana273. Enrico aveva spediti per questa strada due deputati, incaricati di allestire gli alloggiamenti e di ricevere dai Toscani il giuramento di fedeltà. Erano questi Pandolfo Savelli, notajo pontificio, e Nicola Vescovo di Botronto, autore dell'interessante relazione della spedizione d'Enrico in Italia274.
      Questi due deputati giunti sul territorio di Bologna, fecero domandare al podestà e consiglieri della repubblica il permesso di attraversare la città per andare in Toscana. In vece di dar loro risposta, fu posto in prigione il messo, il quale, avendo avuto modo di fuggire, andò ad avvisare i deputati del comune pericolo. Essendo questi tre sole miglia lontani dalle mura, si affrettarono di prendere la strada della montagna senza avvicinarsi a Bologna, ma trovandola guardata dai soldati fiorentini, a stento e tra molti pericoli ottennero di arrivare il secondo giorno alle Lastre, due sole miglia lontana di Firenze.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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