- Il nostro messo, atterrito da questa bandigione, non osò uscire dalla casa in cui erasi ritirato, nè mandare persona ad avvisarci del pericolo in cui eravamo. Ma un vecchio di casa Spini, ch'era stato banchiere di papa Onorio, zio del signor Pandolfo, mio compagno, gli fece sapere per lettera tutte queste cose. Noi eravamo già a letto addormentati quando ci fu recata la sua lettera alle Lastre; e ci levammo senza sapere quale partito prendere: il tornare a Bologna o nel suo territorio era per noi la più pericolosa risoluzione, come ne avevamo di già fatta esperienza; altronde non conoscevamo verun'altra strada, e l'ora avanzata faceva più grande il nostro pericolo. Scrivemmo dunque al podestà ed al capitano di Firenze nati amendue nelle terre della Chiesa, uno a Radicofani, l'altro nella Marca, per intendere da loro come regolarci dopo quella bandigione. Appena fatto giorno si fecero allestire i nostri cavalli e caricare gli equipaggi: e mentre stavamo a mensa, in attenzione del messo, udimmo suonare campana a martello e subito le strade furon piene di uomini armati a piedi ed a cavallo, i quali circondarono la nostra casa; ed un uomo di bella presenza della famiglia Magalotti, plebeo, volle salire la nostra scala, gridando a morte! a morte! ma il nostro ospite colla spada alla mano non permetteva a chicchessia di salire le scale.
«In questo tumulto le nostre bestie da soma e quasi tutti i nostri cavalli ci furono tolti dai soldati, i quali non tardarono ad introdursi da diverse bande sulla scala; ed entrarono nella nostra camera coi coltelli sguainati.
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